Ogni SE è una porta aperta verso il D-I-V-E-N-I-R-E
Ogni SE è una porta aperta verso il D-I-V-E-N-I-R-E
Impiega più tempo a prepararsi di quanto poi ne corra.
Le vecchie Pegasus #FFFFFF e #CC0000 oramai sono #C6A664 e una delle due punte ha una macchia #B22222, di quella volta che aveva corso talmente tanto che le dita di un piede sanguinavano e lei non se ne era nemmeno accorta.
La “felpa della corsa” - così la chiama - l’ha dipinta lei. Le solite cose che non si capisce cosa siano e il Codice Colore scritto in basso - almeno non se ne dimentica, dice. Uno strano vizio quello di mettere le note in bella copia.
Ha inserito le cuffiette al posto della cordicella del cappuccio, sostiene che sia più pratico, come il cappellino porta bibite per le feste – sue letterali parole.
Non porta niente con sé. Anche le sue cuffie, in realtà, non sono mai collegate a qualcosa. Infila il gommino degli auricolari in profondità, quasi a forarsi il timpano, e poi parte. Dice che in questo modo il suo Respiro è più forte di quello che dicono gli altri.
Meno di 10 minuti sulla spiaggia, sempre da Sola e solo quando c’è Vento.
Le piace ascoltare il mare, dice.
Il
Mare
#008699.
Data pubblicazione:
16 Novembre 2020
Treno 8823, Carrozza 4, Posto 2D, Biglietto R5.
Continuo a non vedere le insegne delle stazioni che passano.
Di certo so solo che sto tornando a Casa.
Non riesco a staccare gli occhi dai suoi ricci castani,
mentre i suoi non si staccano dalle righe che scorrono.
Una questione di Tempo.
Il treno rallenta.
I nostri sorrisi si specchiano, mentre si prepara per scendere.
Ha l’aria simpatica, ma oggi forse non aveva voglia di parlare.
Infila il Libro nella tasca laterale dello zaino e se ne va.
I suoi passi accompagnano il silenzio del vagone, oramai vuoto.
Assottiglio gli occhi per vedere dove mi trovo.
E' presto ancora.
Un
sorriso
dal
Vetro.
Fece un respiro profondo, fino a quando i polmoni gonfi di ossigeno le rovesciarono la Testa all'indietro.
Gli occhi divennero più grandi, lo sguardo si fece lontano e si perse nel grigio etereo e sereno del malTempo.
L’orologio si fermò per pochi istanti.
Chiuse gli occhi e buttò fuori l’aria sgonfiando la pancia e poi le spalle. La Testa cadde in avanti e il corpo a poco a poco si accartocciò su sé stesso, fino ad accucciarsi a Terra.
E rimase lì a guardare il grigio pesante e ruvido del cemento.
Le braccia furono le prime a muoversi di nuovo. Le dita percorsero il muro della balconata come formiche e si aggrapparono al cornicione di marmo bianco. Facendo leva, inarcò la schiena come un gatto e si alzò.
Nuvole come pensieri, una distesa di case, un respiro profondo.
Ed urlò, lanciando quelle due sillabe più forte che poteva, nel posto più lontano in cui sarebbero potute arrivare. Quando il fiato si esaurì, del grido rimase un lamento, rauco e sottile, ma senza l’angustia che accompagna il dolore dei suoni simili.
Dal marciapiede, la venditrice di Fiori, che all'arrivo di ogni cliente era solita alzare gli occhi al cielo, non ebbe il Tempo di recitare la sua preghiera. Le parole si bloccarono, come fosse finito l’inchiostro, ad osservare la luna di viso protesa oltre la grondaia.
Ed io, che ero scesa soltanto per comprare tre
Tulipani
rubino, passai tre minuti di quella mattinata a fissare la donna, sporta oltre il bancone del suo carretto di
Gelati, mentre contemplava in silenzio il
Tetto del mio palazzo.
Data pubblicazione:
08 Ottobre 2020
Ho sempre vissuto in campagna, nel naso l’odore della Terra bagnata e le mani variegate di peli e di piume.
Alzare gli occhi al cielo e vedere le Stelle, abbassare lo sguardo e trovare le Lucciole, ascoltare il Silenzio delle strade.
Ai miei occhi, molte delle cose di ogni giorno esistevano perché dovevano esistere, in modo ovvio, scontato.
I bambini si pongono soltanto le domande che servono.
Pian piano si cresce e le domande aumentano.
L’odore della Terra è sempre nell'aria e quando riesco a sentirlo, affiorano ricordi di galline, di cani presi dalla strada e cresciuti come figli, di palle nascoste dalla siepe, di frutta mangiata sotto l’albero, di nidi di vespe scoperti per le punture.
Il vicino di casa, col quale giocavo ogni pomeriggio, è cresciuto anche lui e non abita più lì.
In campagna invecchiano i genitori dei bambini di un tempo, mentre quei bambini invecchiano altrove.
La Notte esiste ancora.
Quando hai dubbi, non chiederti se esiste.
Chiediti come l'hai persa.
Come si perde la Notte?
Data pubblicazione:
09 Settembre 2020
Le avevo posto la domanda in modo molto chiaro - almeno così mi sembrava.
Eppure lei non aveva risposto.
Aveva accennato un sorriso e se n'era andata soddisfatta sul suo Kaprone n. 5-III.
Faceva sempre così, non ne rimasi stupita.
Una risposta sarebbe arrivata, dovevo solo avere pazienza di aspettarla e poi di...ricomporla.
Allungo il naso oltre l’ingresso e Francesco mi saluta subito, alzando la mano.
“Entra pure! Stai cercando qualcosa?”
“ Murakami. ”
“Vieni, ti faccio vedere il suo scaffale.”
Passiamo oltre due isole di libri, imbocchiamo il terzo corridoio e ci fermiamo a metà.
Francesco allunga il braccio destro in avanti, ruotando il palmo della mano verso l’alto; il sinistro lo porta dietro la schiena, leggermente piegato, con un pugno morbido. China leggermente il capo e lo inclina di qualche grado verso destra, per bilanciare le linee del braccio teso.
“Questo -pausa- è Murakami.”
Pausa .
“Ti lascio guardare con calma. Se ti serve una mano, chiamami. ” – e se ne va, lasciandomi sola con l’ altro , che intanto mi sbircia dal bordo della sua lunga mensola bianca.
Continuo a sentire la voce di Francesco che sta allegramente consigliando un libro di arti visive ad una signora un po’ scettica. Sfilo due libri, infilo un sorriso negli spazi vuoti che ho appena lasciato e torno con passi leggeri alla cassa. La signora sta già pagando, mentre riceve altri suggerimenti colorati per le prossime letture.
“ Prendo questi. ”
“Sei una musicista?”
“ No. ”
“Allora sei un’appassionata di Murakami?”
“ Nemmeno. ”
“Hai preso i libri che hanno venduto meno, gli unici due saggi che ha scritto. Lui è famoso per i romanzi.”
“ Allora ho scelto bene. ”
Francesco si appoggia sul bancone e con la mano fa cenno di avvicinarmi.
“Sai, voci indiscrete parlano di un probabile Nobel per la letteratura…sarebbe una scelta un po’ pop, ma…”
Poi si ricompone e mi allunga lo scontrino e un numero di cellulare stampato sopra un cartoncino giallo pallido.
“Sayonara”
“ Mata aimashou ”
Lascio un sorriso sul bancone ed esco.
Cade la pioggia.
Soffia il vento.
E qualcuno bussa alla porta.
"CIao! scusa per il ritardo.
vorresti che io diventassi un frammento del tuo viaggio?!
MI INCURIOSISCE SAPERE COME..."
"In realtà, lo sei da un po', senza saperlo...
Ma...te ne vai già?"
"FORSE Ritornerò".
"In ogni caso...GRAZIE..."
Mai avrei immaginato che non sarei stata io a ritrovare lei, ma Lei a ritrovare Me.
Ho scelto una bomba rigorosamente usata e decisamente poco recente.
Mi piace l'idea di scendere quanto più possibile alle radici degli alberi e maneggiare bombe che hanno già incontrato altre mani, altri occhi, altri Pensieri. Chissà quante volte è già esplosa.
Annusa...
Sollevo la copertina rigida e la rovescio come si apre un forziere di monete d'oro.
Questo monito, seminato
con cura.
Da bambina non avevo prestato attenzione.
blu come Orizzonte.
isola come Solitudine.
delfini come Spiriti.
e Lei, vera.
"...non potrà mai dimenticare..."
Perché allora io l'avevo dimenticata?
Io l'ho cercata la mia prima bomba, sai?
O almeno la prima
di cui ho conservato il Ricordo...
"Scegliete un libro, forza!"
Mentre scansionavo gli scaffali della biblioteca della scuola, gli occhi si sono fermati proprio lì, su quella copertina.
Blu come mare, cielo.
Il titolo profumava di sabbia e di sole.
Isola come spiaggia, libertà.
Delfini come gioco, allegria.
Sarebbe stato perfetto per le vacanze estive.
Non che mi importasse molto, infondo. Volevo soltanto un libro che non rubasse troppo tempo alla campagna e agli animali.
Poi, però, qualcosa è cambiato.
Sulle pagine e sulle labbra, gocce di acqua di mare.
Non ricordo altro.
Non ricordo la storia, né i personaggi.
Niente.
B-L-U I-S-O-L-A D-E-L-F-I-N-I
Come si conserva un Ricordo?
In frigo?
(Mai sottovalutare un concetto apparentemente banale)
Le geometrie degli specchi mi hanno sempre affascinato.
Le cornici, le immagini riflesse e i giochi di luce creano una sorte di equilibrio
con la realtà che si specchia, come se la completassero.
Sono le asimmetrie degli sguardi che ancora non ho imparato a gestire.
E tu come te la cavi con gli specchi?
Se sei bravo, possiamo pensare di cercarne uno che sia adatto per il nostro viaggio...uhm...
(Sì, lo so, so contare. Te l'ho già detto, devi avere pazienza!)
ZoE l’ho conosciuta così, per caso.
Mentre lei con la matita tracciava su carta schemi della Divina Commedia,
io allungavo il naso da una quinta di teatro troppo corta per le mie scarpe.
“Questa è la mia voce e mescolo le idee tipo polpetta.”
“E questa è la mia, ma non sono abituata a raccontarmi troppo.
Fammi vedere la tua matita…ho un debole per la cancelleria.”
ZoE è come un Fiore.
Non ha bisogno di giustificare la sua presenza nel Mondo.
Come scegli un LIBRO?
Un mio amico legge sempre la prima frase del primo capitolo. Da lì, decide.
Ho provato a farlo anche io, ma su di me le prime righe non hanno lo stesso effetto.
Una volta sono entrata in una piccola libreria e, non so bene perché, ho scelto così:
“Ciao, posso aiutarti?”
“Stavo cercando due libri.”
“Dimmi.”
“Vorrei un libro che mi faccia piangere e uno che mi faccia ridere.”
La ragazza mi ha guardato un po' perplessa all'inizio, ma sembrava divertita dalla mia richiesta; ha chiamato la collega, seduta ad un tavolo poco distante da noi, e ciascuna mi ha dato uno dei due libri che stavo cercando.
Cioè, io non sapevo nemmeno che libri fossero, ma a quanto pare li stavo cercando.
Non mi hanno fatto aspettare molto, sono state veloci e sembravano convinte e soddisfatte.
…se mi sono piaciuti?
Non ho riso, né pianto, se è questo che intendi.
Per entrambi, ho percepito la stessa netta, chiara sensazione di non averne colto appieno il senso.
Poi, però, nelle ultime pagine di uno di essi ho trovato qualcosa.
“I LIBRI SONO SEMPRE BOMBE A SCOPPIO RITARDATO” – Daniel Pennac. Parigi, gennaio 1996.
E quindi la domanda cambia.
Come scegli una BOMBA?
Mi sembra un bel nome per una scatola.
Inchiostro simpatico:
sostanza utilizzata per la scrittura, invisibile al momento dell'applicazione, ma che può essere resa visibile tramite opportuni trattamenti.
Trovo affascinanti molti aspetti dell’inchiostro simpatico.
LA PROFONDITA'
Non si può semplicemente guardare; per quanto si osservi con attenzione, non si vedrà mai…
a meno che si faccia qualcosa e quel qualcosa deve essere ciò che è realmente necessario.
LA SCHIAVITU'
Una volta distribuito l’inchiostro, tutto è già tracciato e quel qualcosa
non aggiunge nulla,
rende soltanto vero agli occhi quello che già esiste.
LA LIBERTA'
Se è vero che tutto presto è già tracciato, la libertà più grande resta nelle mani di chi ha
la possibilità di scegliere, alla fine, cosa rendere visibile e cosa no.
L'IRONIA
Come si fa a scegliere cosa, senza vedere?
LA MAGIA
Le cose magiche le riconosci dall’odore.
Un passo alla volta.
Prima di tutto, vediamo se già esiste:
I-N-C-H-I-O-S-T-R-O-S-I-M-P-A-T-I-C-O
Invio.
Esiste: www.inchiostrosimpatico.it
Vieni! Voglio farti leggere una cosa che ho appena trovato:
Ora dobbiamo dare un Nome alla nostra scatola.
Aspetta, ho sentito bussare. Fammi vedere chi è, poi torno.
Scusami, era un Ricordo.
Si era affacciato, così l’ho fatto entrare.
Cosa ne pensi di “Inchiostro Simpatico”?
Abbiamo bisogno di un contenitore.
Che ne dici di una scatola?
Le scatole, a differenza dei cassetti, si possono portare dappertutto.
Si può avere una scatola per ogni cosa.
Scatole per le bollette da pagare e i buoni sconto scaduti.
Scatole per mettere in ordine gli armadi e per riporre le scarpe.
Scatole di ricordi. Scatole di segreti.
Scatole per quelle cose che, quando ci pensi, ogni volta sorridi.
Scatole in cui raffreddare la rabbia.
Irrigidite e sigillate, che non riescono a mangiare nemmeno la polvere.
Scatole vuote.
Dove si accucciano i pensieri che non sanno dove andare e che, alla fine, forse è meglio stiano chiusi lì.
Scatole in cui rifugiarsi.
Scatole da cui fuggire.
Fuggire, sì.
E infatti, un giorno,
ti accorgi che sono fuggiti.
Non è che scappano.
I pensieri non ti lasciano mai.
Se ne vanno un po’ in giro, ecco.
Solo che, da quel momento, ‘Dove’ lo decidono loro.
“Questa sono io.”
Ma “IO” chi?!
Personalmente ho sempre avuto grandi -grandissime- difficoltà a presentarmi agli altri.
Ci si presenta sempre più o meno allo stesso modo:
- Nome, che non abbiamo scelto noi;
- Cognome, idem;
- Età, sulla quale possiamo mentire quanto vogliamo, ma quella resta;
- Dove viviamo, o più spesso, dove dormiamo;
- Studi/Professione.
Fatta eccezione per queste poche cose, che nel complesso mi sembrano decisamente sopravvalutate, quali sono i dettagli che ti rappresentano?
Quali sono le poche parole attraverso le quali puoi dire veramente qualcosa di te?
Chi sei stato.
Chi sei.
Chi vorresti essere.
Chi diventerai.
Da oggi, SE mi chiedi chi
sono, io ti presento…le mie SCARPE (anzi, I MIEI PIEDI).
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