Il Calabrone Nero
e la Ragazza che tentò di ucciderl*
Infilò il dito nel foro del coperchio di metallo e alzò lentamente.
Solitamente le davano il buongiorno insetti morti di ogni tipo o ranocchietti e rospi dalle mille sfumature, che liberava rigorosamente nel prato, dopo una carezza di rito.
Quella mattina, invece, trovò Lui.
Il Calabrone Nero era posato sul bordo del primo dislivello dello skymmer, con le zampe posteriori immerse nell’acqua e le ali visibilmente bagnate dal gorgoglio del flusso. Eppure, era vivo.
La luce improvvisa, penetrata all’apertura del bocchettone, doveva essergli sembrata un miraggio perché Lei ebbe l’impressione di vederlo alzare la testa.
Si guardarono. Lui mosse leggermente le ali. Lei fece un passo indietro.
Aspettò due secondi, il tempo sufficiente per prendere la decisione Sbagliata.
E afferrò il tubo dell’acqua che riposava raggomitolato al sole, un paio di metri più in là.
La leva di apertura tracciò nell’aria un perfetto angolo di 90 gradi e il getto centrale esplose con violenza dalla lancia di irrigazione al foro dello skymmer.
Passarono un paio di secondi, il tempo sufficiente per permettere al Rimorso di salire dalle gambe allo stomaco.
E spostò la lancia.
Il Calabrone stava roteando nel vortice di acqua generato dal getto forzato.
Quando, ad un tratto, lo vide riappoggiare con pacata eleganza le zampe superiori su quel primo dislivello, scrollare le ali e fissarla. Era ancora vivo.
Per quanto Lui fosse venuto al mondo con la potenzialità di pungerla
e Lei con quella di ucciderlo e distruggere le sue tane,
in quel momento stavano affermando reciprocamente la loro volontà di esistere.
E la Volontà di Esistere merita Rispetto.
Chiuse il getto del tubo di irrigazione e corse a prendere una scopa.
“Afferra” – gli sussurrò Lei. E Lui afferrò.
Si attaccò lentamente al manico in legno, senza accennare volo, così Lei poté inginocchiarsi a ridosso della recinzione, allungare il bastone oltre la siepe e appoggiarlo delicatamente sulla vegetazione.
Quindi, roteò il busto, abbandonò la presa della scopa e rimase lì, seduta, la schiena contro il legno del recinto, gli occhi chiusi.
Non temeva una vendetta che non sapeva se le sarebbe mai stata inflitta,
piuttosto sperava in un perdono che non sapeva se le sarebbe mai stato concesso.
Trascorsero un paio di minuti, il tempo sufficiente per permettere alle ali di asciugare.
E sentì ronzare sopra la sua testa.
Il Calabrone stava volando a spirale sopra di Lei, per posarsi poi sulla sua spalla, con la Coscienza di chi sopravvive nonostante tutto.
Le ali violacee brillavano al sole.
Rimase lì qualche secondo, con le zampette a picchiettare contro la sua pelle,
il tempo sufficiente per spiegarsi senza dire nulla. E volò via.
Il ronzio accompagnò il fruscio delle foglie e poi tornò il Silenzio.
“Tranquilla, non è un calabrone” – la voce arrivò dal lato opposto della piscina.
“Mi hai fatto prendere un colpo. Come 'non è un calabrone'?”
“Eh no, la scambiano per un calabrone, invece è un’APE, la più grande che esista.
La chiamano Ape Legnaiola o Ape carpentiere.
Vive da sola, non segue l’organizzazione delle api domestiche.
Ha un pungiglione molto robusto e non muore dopo averlo usato.
Nonostante questo, diventa aggressiva solo se pesantemente provocata.
Insomma, hai conosciuto una Solitaria dall’animo dolce.”
Mentre parlava percorreva con passo cadenzato il perimetro della piscina.
“E tu come fai a sapere tutte queste cose?”
Sorrise.
“E’ un’APE rara. Dicono che sia di buon Auspicio vederne una”.
Sorrise.
Le porse la mano, aiutandola ad alzarsi.
“Dai vieni, per oggi qui hai fatto.”
Tentennò due secondi, il tempo sufficiente per domandarsi
se aveva trovato davvero una nuova Amica. E volò via anche Lei.
Il rumore dei passi accompagnò il fruscio delle foglie e poi tornò il Silenzio.
60. sfumature di nero
Tecnicamente lei non avrebbe dovuto essere lì.
Si riteneva una profonda ignorante, benché fortunata,
con l’autostima di un criceto capace soltanto di andare sulla ruota.
E non aveva amici.
Almeno non di quelli che ti porti avanti fin da piccola e che crescono insieme a te.
Nessuno era cresciuto con lei.
Nemmeno lei stessa. Le smagliature del corpo ne erano la dimostrazione.
Aveva un’adolescenza disseminata di disturbi di varia tipologia e non bene identificabili,
ai quali non sapeva dare un nome preciso,
dato che il Mondo non si era preso la responsabilità di darne diagnosi.
Gli occhi degli altri erano semplicemente rimasti chiusi.
Affinché lei potesse continuare a tenere aperti i propri.
E alla fine, le era andata bene.
La volontà aveva trovato fonti di nutrimento tali da sopperire alla mancanza di aiuto,
eventualmente offerto a pagamento da qualche medico
con la borsa piena di mentine e la laurea presa in una qualche megalopoli,
dove le occasioni fioccano dal cielo come neve acida.
Anche le manie di controllo e di perfezione, sviluppate nel mentre, si erano rivelate estremamente utili, e tutto sommato si erano dimostrate fedeli servitrici,
mostrando piacere di restare lì, a farle compagnia, anche quando i disturbi avevano dichiarato che se ne sarebbero andati. Come accade in tutte le separazioni che si rispettano, questi ultimi avevano raccontato che “la decisione era partita dalla loro necessità di avere i propri spazi”.
Mentre lei era conscia di averli sbattuti fuori, concedendo loro giusto il tempo di fare le valigie
e non
dimenticare
cose da tornare a riprendere.
l'A.
In quel momento,
per Lei
non esistevano sfumature
o mezze misure.
Il Mondo
era bianco
o nero.
Il Bicchiere
era vuoto
o pieno.
l'A.
Erano tutti
pneumatici consumati,
da fondere
per realizzare asfalti,
da far consumare
ad altri pneumatici,
che si sarebbero consumati
a loro volta,
per diventare
altri pneumatici
da fondere,
per realizzare altri asfalti da consumare.
l'A.
Non ho sentito alcun boato quando è esplosa la Bomba.
Ho fatto ricerche per settimane, avrei dovuto prevederlo.
I Pensieri e i Ricordi sono ridotti a brandelli, ma tutto sommato sono sopravvissuti.
Ci vorrà Tempo, Pazienza e Visione per ricostruire.
Mi chiedi se provo sconforto...? No, sono qui per questo.
Nel frattempo continuerò a camminare e Se-minare.
Non temo + le bombe.
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